Dō: storia della corazza giapponese

26 Gennaio 2021

 

Il dō, la corazza dell’armatura da samurai, subì molte modifiche durante i secoli, adattandosi via via alle innovazioni nel campo della guerra; alcune delle idee cardine resistettero però per secoli nelle menti degli armaioli, tant’è che già nelle tanko, il primo modello di corazza di cui si ha notizia, si possono trovare, in uno stadio ancora precoce, gli archetipi sui quali si fondarono le armature dei secoli successivi: piastre metalliche, rivetti e legature. 

Verso il decimo secolo, durante il medioevo giapponese, l’avvento di nuove variabili nella arte della guerra costrinse gli armaioli a modificare alcune parti dell’armatura. Con l’arrivo degli arcieri a cavallo venne difatti ideata una nuova armatura, la ō-yoroi, dotata di protezioni più affidabili ed efficaci rispetto al passato, sfruttando un nuovo tipo di costruzione. In questo periodo venne infatti introdotto il sistema dell’hon-kozane, un complicato ma efficiente metodo per legare moltissime piastrine metalliche tra loro: la trama che ne risultava era flessibile, ma al contempo resistente Il della ō-yoroi era costruito in unico elemento ma non copriva tutto il torso ed era quindi abbinato ad un altro elemento, il waidate, una larga piastra che copriva completamente il fianco destro del samurai. Dato che in questo periodo gran parte dei combattimenti avveniva con arco e frecce, il delle ō-yoroi era coperto generalmente con un rivestimento in pelle decorata (tsurubashiri), in modo che la corda dell’arco non si incastrasse nella trama delle piastrine. 

Dopo le tentate invasioni mongole del XIV secolo, gli armaioli dovettero adattare le corazze alle nuove esigenze militari. Constatando che gli eserciti mongoli composti da falangi di fanteria erano decisamente più efficienti dei piccoli eserciti giapponesi a cavallo e che le loro armature leggere erano molto più efficaci nel combattimento a piedi, gli armaioli giapponesi decisero quindi di aggiornare le loro tecniche costruttive. Le ō-yoroi vennero quindi modificate per essere indossate a piedi e non a cavallo: dōmaru e haramaki avevano quindi una costruzione simile al modello precedente ma erano più leggere - realizzate con piastrine più sottili - e permettevano movimenti più agili. Anche questi due tipi di armatura erano quindi dotati di una corazza composta da un unico elemento flessibile, allacciabile rispettivamente sul fianco e sulla schiena. Vennero inoltre messi da parte gli tsurubashiri, diventati ormai obsoleti con l’abbandono degli archi in battaglia. 

Con l’inizio dell’epoca Sengoku, nel XVI secolo si affermò infine un nuovo tipo di armatura da samurai, detto tōsei gusoku (letteralmente “armatura moderna”). Per questo tipo di equipaggiamento, che rimarrà in uso per tutto il periodo Edo, si possono distinguere diverse tipologie di , a seconda della tecnica costruttiva impiegata. Le più diffuse sono le seguenti: 

  • Tachi-dō. È una delle prime corazze a essere caratterizzata da una struttura a cerniera, con le due valve costruite secondo la tecnica kiritsuke-kozane. La grande differenza con le armature in hon-kozane, di cui mantiene l’aspetto, è quindi la costruzione in due parti rigide unite da uno snodo metallico. Per tale motivo viene spesso chiamata anche ni-mai-dō, ovvero “a due piastre”. 
  • Nuinobe-dō. Con la stessa costruzione delle tachi-dō, questo tipo di corazza prevedeva un sistema di piastrine ti tipo iyo-zane con legatura sugake odoshi al posto delle kiritsuke-kozane.
  • Okegawa-dō. Per semplificare ulteriormente la costruzione, questa corazza era costruita con delle lunghe piastre rivettate tra loro, senza la necessità di legature a vista. Nella maggior parte dei casi, le piastre delle okegawa-dō erano sistemate orizzontalmente (yoko-hagi), ma si possono trovare anche esemplari montati secondo uno schema verticale (tate-hagi); in entrambi i casi, il valore estetico di questi veniva spesso accentuato dall’utilizzo di piastre sagomate e da rivetti lavorati. Una variante dell’okegawa-dō, nota come hotoke-dō, era ricoperta con uno spesso strato di lacca che nascondeva le giunture delle piastre, così da far sembrare la corazza un pezzo unico. 
  • Mogami-dō. In questo caso le lunghe piastre orizzontali non sono rivettate bensì legate in sugake odoshi. Ogni piastra ha inoltre un bordo in rilievo e la costruzione della corazza è a cinque sezioni. 
  • Nanban-dō. Con l’introduzione delle armi da fuoco, nel tardo Sengoku, gli armaioli giapponesi si videro costretti a trovare nuove formule per proteggere i guerrieri. Tra le diverse armature “anti- proiettile” che furono ideate in questo periodo, la nanban-dō è una delle più antiche. Questa era ispirata alle corazze portate dai nanban (letteralmente “barbari del sud”), ovvero gli esploratori e i mercanti portoghesi da poco giunti nel paese del Sol Levante. Questi indossavano difatti delle corazze dotate di una particolare forma, detta a “petto di piccione”, che tramite una protuberanza al centro erano in grado di deviare le palle sparate dagli archibugi. 
  • Yukinoshita-dō. Se con il termine generico gomai-dō si intende una corazza composta da cinque piastre, questo modello specifico prende invece il nome dal fabbro che la sviluppò. Si tratta di un realizzato interamente in metallo con parti molto pesanti, caratterizzato dall’assenza di legature in tessuto. 
  • Tatami-dō. In questo tipo di corazza economica la struttura è composta da piastre quadrate unite tra loro con una maglia di ferro.

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